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Dedicazione della Cattedrale di S. Marco (solennità nella Cattedrale, festa nella Diocesi)
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4 ottobre – S. Francesco d’Assisi
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Festa di Sant’Eufemia – Domenica 15 settembre
Una domenica da trascorrere assieme in semplicità e condivisone. Vi aspettiamo
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Editoriale del Patriarca pubblicato su Gente Veneta circa il senso degli avvicendamenti dei preti nelle parrocchie
Gesù, vera radice della comunione ecclesiale
L’estate è un periodo intenso per i cambiamenti dei preti, un tempo ricco di umanità e di grazia. Soprattutto il cambio del parroco è, per una comunità parrocchiale, un momento non scontato, talora non facile, qualche volta anche doloroso e che può provocare reazioni varie, tra le più disparate. Le nuove nomine suscitano sentimenti diversi che possono essere di attesa o smarrimento, gioia o anche sofferenza.
Ogni persona vive questi momenti con la sua umanità, con la sua fede, con la sua libertà d’animo, con il senso ecclesiale che le è proprio. Dobbiamo domandare al Signore lo spirito di comunione che in Cristo riconosce l’unico essenziale; solo così, con serenità, si possono valutare i cambi e magari si riesce a comprenderli meglio e, con il passare del tempo, a viverli con libertà e cristiano distacco.
Ma quali sono le ragioni che stanno dietro il cambio dei parroci e dei sacerdoti in generale? Bisogna ricordare che la Chiesa non inizia e non finisce con la nostra parrocchia, qualche volta vissuta come realtà a sé stante. Le parrocchie sono comunità, porzioni dell’unica Chiesa diocesana ed universale. Una parrocchia non è un’isola e non dipende in modo esclusivo dal parroco, per quanto importante possa esserne la figura. Se una parrocchia è cresciuta nella fede e nell’amore, supera la normale fase di assestamento dovuta al cambio del parroco senza scomporsi più di tanto e nella comunione; in questo i fedeli laici, i battezzati e le battezzate, hanno un ruolo fondamentale. I preti sanno di essere cappellani o parroci per un determinato periodo e loro per primi sanno che Cristo resta sempre. Il prete è fatto per andare e non per restare. Riflettiamo su tale logica ecclesiale per testimoniarla alle nostre comunità.
Il vescovo cerca di perseguire, al meglio, il bene di tutta la Diocesi e, in essa, delle singole parrocchie. Si consiglia con i propri collaboratori ma non solo con questi; si serve dello strumento prezioso della visita pastorale durante la quale incontra persone e può valutare situazioni concrete; cerca poi di pregare molto prima di prendere delle decisioni attendendo anche anni prima di assumerle; con la grazia connessa al suo ministero si adopera per comprendere le necessità dell’intera Chiesa diocesana e non solo di una porzione di essa perché la Chiesa di cui è vescovo gli è stata affidata da Dio e non l’ha scelta lui.
Per quanto possiamo affezionarci ai nostri cappellani, parroci o vescovi, la nostra radice è in Cristo. Non partecipiamo alla Messa per il parroco, ma per Cristo.
Non svolgiamo un servizio per il parroco, ma perché ci sentiamo chiamati dal Padre a servire la Chiesa. Non è certamente bello per il nuovo parroco insediarsi in una comunità che già lo respinge o vive di nostalgie; cosa ben diversa è conservare un ricordo grato di chi ci ha voluto bene e al quale noi vogliamo bene.
La vita è un’esperienza in continuo mutamento: si cresce, si cambia città, amici, lavoro… A volte i cambiamenti sono piacevoli, altre volte meno. La vita ci spinge a non rimanere fermi e la stessa Scrittura ce lo conferma: Abramo, Mosè, Maria, gli apostoli ed anche Gesù hanno affrontato cambiamenti radicali nella loro vita. Il cambiare ci rende vivi, ci spinge a superare i nostri limiti, a rimetterci in gioco, a crescere; in una parola, a rigenerarci. Questo vale sia per il parroco e per il cappellano che lasciano sia per la comunità che resta.
Cambiare è difficile per tutti, ma Dio ci chiama a farlo perché è la logica della storia della salvezza. Lui si è incarnato per salvarci con amore, ci chiama al cambiamento e ci dà la forza di affrontarlo; la strada è affidarci a Lui.
Come cristiani dobbiamo mostrare libertà, saggezza e responsabilità nell’affrontare tali cambiamenti, vivendoli nella fede e nella comunione. Oggi molte parrocchie non hanno più un prete fisso, ma continuano a essere vivaci grazie ai diaconi, alle religiose, ai catechisti, agli educatori, ai genitori e ai volontari.
Dobbiamo ricordare che il sacerdote è un uomo che ha scelto di seguire il Vangelo e di servire la Chiesa. La fiducia e l’affetto delle comunità parrocchiali sono il risultato di tale dedizione e questa è la più bella testimonianza del percorso che si è fatto insieme. Dobbiamo, però, lasciarci ispirare anche dalla libertà e dalla santa “follia” del Vangelo, che potrebbe essere la chiave per aprirci il mistero della vita e dei suoi cambiamenti. Il cambio del parroco o del cappellano, seppure talvolta può essere anche doloroso, è parte della vita della Chiesa; è necessario per il bene del prete e delle comunità.
Accogliamo i cambiamenti con fede, speranza, carità e con cuore magnanimo.
Francesco Moraglia
+ Patriarca
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